Glossario informatico: Scanner
Autore della definizione: maxmula
Letteralmente: Dall'inglese "to scan" ("misurare", "scandire", ma anche "scrutare", "esaminare attentamente")
Periferica in grado di convertire in digitale immagini stampate (su carta o altri supporti).
Uno scanner è costituito da un piano su cui viene posta un'immagine, da una sorgente luminosa e da una serie di foto-diodi in grado di "leggere" il colore del supporto nel punto in loro corrispondenza.
Facendo scorrere il gruppo ottico sensore+lampada lungo il supporto o parte di esso ed operando una serie di acquisizioni ad intervalli definiti - ad esempio di 0,17 mm - si ricostruisce in memoria l'immagine bitmap dell'originale, grazie al "driver TWAIN", un software che funge da interfaccia tra il Sistema Operativo e lo scanner stesso.
L'immagine memorizzata può essere salvata su disco o manipolata con un software di fotoritocco per eliminare imperfezioni.
La capacità di eseguire digitalizzazioni di punti ad intervalli molto ravvicinati e di rappresentare fedelmente il colore dei punti definisce la qualità dello scanner: questa sarà migliore quanti più saranno i punti acquisiti a pari superficie e quanto più fedelmente saranno riprodotti i colori dell'originale.
Il principale parametro di valutazione di uno scanner è la "massima risoluzione ottica", che si esprime in dpi (punti per pollice) ed indica quanto distano tra loro i fotodiodi nel sensore. Ad esempio, se la risoluzione ottica massima è di 2.400 dpi, in un pollice (25,4 mm) trovano posto 2.400 fotodiodi: uno ogni centesimo di mm circa!
Al momento dell'acquisto, la risoluzione massima dichiarata (spesso in bella vista sulla scatola) ha valori ben superiori: si tratta di un'abile mossa "commerciale", in quanto il valore riportato è quello della "risoluzione interpolata". In pratica, l'immagine viene digitalizzata alla massima risoluzione ottica (riportata, di solito, in un angolo nascosto della confezione o del foglio descrittivo e con un carattere di corpo ben più ridotto); i punti mancanti vengono calcolati da un apposito software.
Quest'operazione ben poco ha di utile per migliorare la definizione dell'immagine.
L'altro parametro che permette di definire la qualità dello scanner è la profondità di colore, ovvero il numero di tonalità diverse con cui la macchina riesce a riprodurre i colori acquisiti: si misura in bit:tanti più bit si impiegano per definire un colore, tanto più fedele sarà il suo equivalente digitale.
Gli scanner per uso domestico hanno solitamente risoluzioni di 2.400-3.200 dpi e profondità di colore di 24-32 bit; quelli semiprofessionali o professionali, invece, risoluzioni a partire da 4.800 dpi a 48 bit e oltre (in modo proporzionale al costo dell'hardware)
Lo scanner, in Italia, è stato oggetto di una diatriba "linguistica" degna dell'Accademia della Crusca (che probabilmente si è mobilitata in proposito): "Qual è il verbo corrispondente al fare una scansione?"
La risposta grammaticamente corretta è la seguente: Scandire; Acquisire; Digitalizzare.
Naturalmente non sono mancate le alternative, che ancora oggi si leggono ancora un po'ovunque, dai gruppi di discussione della Usenet ai più blasonati quotidiani nazionali. Ad esempio: scansire, scansionare, scannare (orribile e sanguinario!), scannerare, etc. etc.
Tra tutti questi "neologismi", il più tollerato sembra essere "scannerizzare": è' brutto ma serve a rendere l'idea, con buona pace dell'Accademia della Crusca di cui sopra.
Dopotutto, si sa, se la lingua è "viva" la grammatica è un'opinione!
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