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Generale: Dylan666 20 Dicembre 04 @ 00:01 am |
4. L'etica hacker: norme, valori, convinzioni Copyright© 1998 Federica GuerriniL'etica degli hacker è il vero collante di questa controcultura: si tratta, infatti, di un codice di responsabilità, un sistema di valori profondi, una "filosofia di socializzazione, di apertura, di decentralizzazione" (Levy 1996: 39), non scritta o codificata ma incarnata nell'articolato standard di comportamento degli stessi hacker con un sentimento quasi neo-tribale, mai oggetto di dibattito ma implicitamente accettata: una sorta di manifesto programmatico di straordinaria attualità, il quale non poteva che fare presa sull'humus libertario e tipicamente controculturale degli anni Sessanta. Tale ideologia condivisa sembra legata al flusso libero, aperto ed elegante della logica dello stesso computer, il quale non ha più alcun rapporto col mondo reale: lo stile hacker in costante mutamento e trasformazione dinamica, finalizzato al flusso libero delle informazioni, si appropria quindi del computer, e del suo flusso, come di un suo oggetto prototipico. Era nato un nuovo stile di vita, che divenne il codice proprio della controcultura, la quale aveva costruito, più o meno coscientemente, un corpo organico di concetti, norme e costumi: l'avanguardia di un'audace simbiosi fra uomo e macchina di cui gli hacker sono stati divulgatori, forse anche predicatori, col fine di alfabetizzare le masse alla nuova tecnologia informatica. L'etica, elaborata per la prima volta al MIT negli anni Sessanta, si muove lungo i sei seguenti vettori principali: 1) L' accesso ai computer deve essere illimitato e completo. L'imperativo è hands-on (metterci su le mani). 2) Tutta l'informazione deve essere libera. Ogni controllo proprietario su di essa è negativo. La condivisione delle informazioni è un bene potente e positivo per la crescita della democrazia, contro l'egemonia, il controllo politico delle élite e degli imperativi tecnocratici. Dovere etico degli hacker è la condivisione del proprio sapere ed esperienza con la comunità d'appartenenza (comunità di pari), separata dal resto della società. Dominano fedeltà, lealtà, supporto reciproco, aspettative di condotta normativa: proprio perché in una comunità virtuale come questa non ci si può né vedere né sentire la fiducia reciproca è un valore ancora più prezioso. Inoltre, nelle comunità informatiche, il tutto è più grande della somma delle parti quando si tratta di condividere le informazioni: ci si scambiano account, si copiano le ultime versioni del software e chi ha una maggiore conoscenza la condivide con chi non ne ha altrettanta, mettendo in gioco un "saper fare" programmato al servizio di un "far sapere". Vengono scritti manuali sui vari argomenti (come usare i telefoni cellulari, come costruire dispositivi per telefonare gratis...) che sono poi distribuiti sulle varie BBS o pubblicati da riviste, senza che gli autori si aspettino qualcosa in cambio. Nell'underground tutto circola liberamente e rapidamente, sia che si tratti di materiale coperto da copyright o meno: il copyright è infatti un concetto ormai superato nella futura società dell'informazione per questa ideologia. In questo modo gli hacker hanno costruito volontariamente un sistema privato di educazione che li impegna, li socializza modellando il loro pensiero: tale processo di apprendimento all' "arte dell'hackeraggio" (Sterling 1992) per il neofita si modella sull'esempio delle società iniziatiche, di cui si dirà in seguito. L'hackeraggio per esplorazione e divertimento è, secondo questa politica, eticamente corretto, finché non siano commessi intenzionalmente furti, atti di vandalismo, distruzione di privacy, danno ai sistemi informatici: è contro l'etica alterare i dati che non siano quelli necessari per eliminare le proprie tracce, evitando così d'essere identificati. 3) Dubitare dell'autorità. Promuovere il decentramento. La burocrazia, industriale, governativa, universitaria, si nasconde dietro regole arbitrarie e si appella a norme: è quindi politicamente inconciliabile con lo spirito di ricerca costruttiva e innovativa degli hacker, il quale incoraggia l'esplorazione e sollecita il libero flusso delle informazioni. Il sogno, l'utopia hacker, come sintetizza Levy (1996: 310), è portare i "computer alle masse, i computer come giradischi" livellando le ineguaglianze di classe. Il simbolo più evidente del conflitto politico-culturale tra informalità hacker e rigidità burocratica è l'International Business Machine (IBM). Il computer, e con esso la tecnologia, viene ricontestualizzato dagli hacker, ricollocato cioè in un contesto alternativo a quello dominante: non più, cioè, strumento di potere nelle mani delle classi egemoni, ma potenziale e potente mezzo sovversivo, di opposizione e intrusione nelle cerchie del potere politico-economico; è quindi nelle "periferie" che si viene producendo il significato. 4) Gli hacker dovranno essere giudicati per il loro operato e non sulla base di falsi criteri quali ceto, età, etnia, gender e posizione sociale. La comunità hacker ha un atteggiamento meritocratico: non si cura dell' apparenza mentre è attenta al potenziale dell'individuo nel far progredire lo stato generale dell'hackeraggio e nel creare programmi innovativi degni d'ammirazione; la stratificazione di status si basa quindi sulla conoscenza, l'abilità e l'estro digitale. Infatti le innovazioni in questo settore di solito derivano da singoli o da piccoli gruppi che cercano di assolvere compiti di regola giudicati impossibili dal mainstream. 5) Con un computer puoi creare arte. Emerge una certa estetica dello stile di programmazione: il codice del programma possiede una bellezza propria in quanto è un'unità organica con una vita indipendente da quella del suo autore. Nei computer si può ritrovare la bellezza e la fine estetica di un programma perfetto che, spinto al massimo delle sue potenzialità, può liberare la mente e lo spirito: ogni programma dovrebbe essere infinitamente flessibile, ammirevole per concezione e realizzazione, progettato per espandere le possibilità dell'utenza. Il computer è l'estensione illimitata della propria immaginazione personale, uno specchio nel quale è possibile incorniciare qualsiasi tipo di autoritratto desiderato. 6) I computer possono cambiare la vita in meglio. Gli hacker hanno dilatato il punto di vista tradizionale su ciò che i computer avrebbero potuto e dovuto fare, guidando il mondo verso un modo nuovo di interagire con essi. Gli hacker hanno profonda fede nel computer come arma di liberazione e auto-liberazione, come mezzo di trasformazione e costruzione della realtà. Nella tecnologia essi vedono arte: così come alcune "avanguardie" del passato, i poeti romantici ottocenteschi, i futuristi e i surrealisti di inizio Novecento, anche gli hacker si considerano dei visionari che vogliono cambiare la vita umana, anche se solo ai margini o per un breve momento. Per questo essi attuano, tramite la giustapposizione di fantasia e realtà altamente tecnologica, un irriverente sovvertimento di senso, un "disordine semantico"" (Hebdige 1979: 100), seppur temporaneamente oltraggioso, dei codici dominanti e convenzionali, un loro abuso e l'invenzione di nuovi usi. Ogni generazione che cresce con un certo livello tecnologico deve poi scoprire i limiti e le potenzialità di tale tecnologia sperimentandola quotidianamente in una sfida continua col progresso. Così come le sottoculture, dai mod ai punk, sperimentavano nuovi stili musicali e nuove mode, gli hacker sperimentano nuove mode nel campo tecnologico; la tecnologia diviene strumento per l'immaginazione poiché apre il terreno a nuove immagini, suoni, esperienze e concetti. |
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