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Generale: Dylan666 20 Dicembre 04 @ 00:01 am |
7. Spazi reali "liberati" e ambienti virtuali Copyright© 1998 Federica GuerriniIn quanto comunità controculturale, gli hacker agiscono per conquistare e difendere nuovi spazi di libertà: siano essi fisici o simbolici, ciò che conta è che tali ambienti siano vincenti e che contribuiscano a definire l'identità dell'hacker. L'attività degli hacker è normalmente considerata un'attività solitaria, ma i membri di questo esclusivo club sono tutt'altro che eremiti sociali: essi, infatti, si incontrano in importanti forum e convention istituzionalizzate, occasioni sociali faccia a faccia che si tengono regolarmente in giro per il mondo in vari periodi dell'anno. Tali incontri formali riflettono l'ambiente in cui vengono tenuti, così il meeting di New York è molto diverso da quello di Los Angeles e Londra, ma tutti sono ugualmente legati dal tema della tecnologia: sono aperti al pubblico, chiunque può parteciparvi, basta essere interessati ad apprendere e a condividere informazioni con altri hacker. Tra gli incontri annuali spiccano il SummerCon di Atlanta, il DefCon di Las Vegas, il PumpCon di Philadelphia e l' HoHOCon in Texas; esistono anche raduni tenutisi una volta sola, per esempio l' HOPE, svoltosi a New York nell' Agosto 1994 per festeggiare il decimo anno della rivista 2600. Da un punto di vista sociologico tali conferenze costituiscono il "retroscena" (Goffman 1959: tr.it., 1975) dell'hackeraggio, dove questi colleghi si incontrano per discutere materie di comune interesse; raccogliere documentazione, articoli e materiale promozionale; scambiarsi consigli riguardo tecniche pratiche da adottare sulla "ribalta". Il momento della performanza è invece il luogo in cui questi "attori" dimostrano il proprio essere in modo individuale; in solitudine, dietro la consolle del proprio computer, mettono in atto la propria competenza. Altri luoghi "alternativi" di ritrovo sono i cosiddetti "covi", luoghi fisici segreti, veri e propri rifugi di ribelli: per esempio il L0pht, un ex-deposito da qualche parte a Boston, luogo d'incontro in continuo mutamento, nato per la necessità di un posto dove tenere tutto il materiale. Qui ogni hacker ha il suo spazio indipendente dove può lavorare su progetti futuri; si tratta di una sorta di club ma è anche un posto dove chiunque può andare ad imparare perché nella biblioteca si trovano manuali su ogni genere di argomento. Infine gli hacker lottano per liberare degli ambienti simbolici, virtuali, quelle che Bey (1985: 13) ha definito T.A.Z, cioè "zone autonome temporanee" apertesi nel mare magnum delle reti telematiche e che sono entrate in esistenza attraverso la Rete: sono nuove zone franche informatiche di cultura e di libertà ove nascono sistemi anarco-tecnologici per sottrarre il potere alle "vecchie" istituzioni . Queste isole nella Rete, dove la verticalità del potere viene sostituita spontaneamente da reti orizzontali di rapporti, sono in grado di sparire prima di essere schiacciate, per riformarsi in un altro dove, in un altro tempo cambiando nomi e apparenti identità, pur mantenendo la propria radicale alterità: per questa loro intrinseca invisibilità e mutabilità sono una tattica perfetta di scomparsa in un'era nella quale lo Stato è onnipresente eppure pieno di vuoti. L'hacker si avvantaggierà di perturbazioni, collassi e guasti della Rete e "come un bricoleur, un raccoglitore di schegge di informazione [. . .] l'hacker della T.A.Z lavorerà per l'evoluzione di connessioni frattali clandestine" (Bey 1985: 28). |
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