Poesia e immagini: il fenomeno "Broken Saints"
Dal Canada una storia in 24 capitoli, interamente realizzata in Flash. A metà tra cartoon e fumetto, si prepara a uscire dal Web per dar vita a un genere multimediale inedito (qui l'articolo completo).
Hanno trascurato i lavori in ufficio, dato fondo ai propri risparmi. Scritto, disegnato, programmato per due anni e mezzo, 8 ore al giorno, per finire il loro "Broken Saints". Dieci ore di storia, realizzata in Flash. L'ultimo dei 24 capitoli è stato pubblicato in queste settimane dai tre autori canadesi: Brooke Burgess (soggetto e sceneggiatura), Ian Kirby (direzione tecnica), Andrew West (disegnatore).
È un'opera multimediale di un genere inedito, tra cartoon e fumetto, segnalata più volte da Wired. "Gli ultimi mesi abbiamo lavorato anche la domenica: "Broken Saints" andava finito" dice Brooke Burgess, che prima aveva lavorato a Electronic Arts come creatore di concept e dialoghi per videogiochi. "Quando ho iniziato, avevo 100.000 dollari in banca. Sono finiti dopo un anno e mezzo e abbiamo anche dovuto chiedere soldi agli amici e ai parenti. Solo grazie alle donazioni del pubblico, alle vendite di merchandising, ai concerti di beneficenza siamo riusciti ad arrivare alla fine". Il progetto è infatti no profit: niente banner, download gratuito dei capitoli.
"Non volevamo rovinare l'atmosfera. Volevamo creare un'isola dove le leggi del profitto, dominanti dentro e fuori la Rete, fossero bandite".
4 commenti a "Poesia e immagini: il fenomeno "Broken Saints"":
che bravi! però proprio non riesco a capire questa cosa del no-profit... se fai un lavoro perchè non devi provare a guadagnare quello che meriti?
perché appanea si chiedono dei soldi la gente... sparisce.
ad esempio, se chidessi dei soldi per maniax, quante persone secondo te
sarebbero disposte a pagare?
nessuno, ci credo... però possibile che con i banner si guadagna meno di niente
anche se un sito ha successo?
dall'ultima frase nell'articolo sembrava + una scelta filosofica che economica,
è questo che non capisco
in parte sarà stata filosofica, ma in parte sarò stata dettata dal fatot che è
necessario che un prodotto (anche virtuale) sia conosciuto prima che qualcuno
sia disposto a pagare.
se avessero cominciato facendo pagare non sarebbero arrivati da nessuna
parte.
inoltre la filosofia free ti permette di ignorare alcune basilari leggi di
mercato e fare ciò che ti pare.