Tuesday morning, September 23
E' una mattina limpida fuori dai grandi finestroni dell'autobus, e il sole ancora basso picchia impietoso sugli occhi cisposi di un'umanità ancora un po' rincoglionita dal sonno. Il ragazzo seduto affianco a me, quindici anni o suppergiù, occhialini tondi, legge un libro (come si direbbe in un libro inizio secolo, "dimentico del mondo circostante"). Tiro un occhio distratto - Guido, il solfato di rame, Ada - ci penso un po' su, dovrebbe essere "La coscienza di Zeno".
Buona scelta, dopotutto. Adatta agli occhialini, e al "dimentico del mondo circostante".
Io passo il tempo ad osservare le ragazze che chiaccherano tutt'intorno - e non è uno sguardo da analisi sociologica, ha più un netto carattere erotico. Innamorarmi di uno sguardo, o di una voce (o anche solo di un culo, zello, non è mica che devi essere Prévert per forza...) in autobus è sempre stata una mia piccola mania.
Affianco a me una ragazza con uno zaino con un grosso simbolo della pace sopra, ed alcune banalità in inglese (qualcosa sulla necessità di aprire le ali e volare via), ascolta un walkman. E' carina, con il suo sguardo castano imbronciato fisso ostinatamente davanti a sé, lo smalto trasparente sulle unghie delle mano che stringe il bordo della poltrona che mi è di fronte, i suoi capelli neri in disordine controllato sopra le spalle. Mi arrivano suoni di armonica, tambourine man, molto adatto all'occasione (hey, mr.Tambourine man, play a song for me, in the jingle jangle morning I come following you, più o meno). Per un attimo penso "però, che personalità 'sti ragazzi, Dylan e Svevo", e poi mi rendo conto che è la solita generalizzazione benevola ma becera da articolo di colore del telegiornale, quello che di solito precede i reports sulle sfilate di moda. E poi non si può innamorarsi delle ragazze in autobus, se non le si ritiene abbastanza donne da avere una personalità propria - questo sì che è pedofilia.
Chi era che diceva "don't trust anybody over 30"? Aveva maledettamente ragione, comunque. Si diventa banali, solo che la si chiama maturità.
Chiudo gli occhi, lascio correre gli altri sensi. Annuso quest'aria di caffelatte, ascolto il rumore di fondo di chiacchere, ancora l'armonica di Dylan. Due donne anziane parlano dai sedili dall'altro lato del corridoio di amiche che erano e non sono più, due ragazzi esageratamente punk (ma non era morto?), neri come la pece, ridono come pazzi dietro di me, due ragazze con la coda di cavallo, occhi terribilmente azzurri, bisbigliano di ragazzi e feste con fare complice nei sedili davanti. Svanisco in questo rumore, come se non esistessi altro che per testimoniare che tutto ciò esiste.
Adoro prendere l'autobus al mattino. Mi toglie la necessità di dover per forza essere, e di dover per forza capire. Devo solo guardare, annusare, ascoltare il mondo che mi si sveglia intorno, e la vita tutt'ad un tratto diventa meno fessa di quanto - probabilmente - in realtà sia.