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Natura morta con febbre & gatto

Condividi:         zello 07 Ottobre 03 @ 10:00 am

Un grado e mezzo di temperatura in più del normale, e 'sta grande macchina, 'sto miracolo dell'evoluzione, 'sto uomo creato a immagine e somiglianza di un Essere Onnipotente, si trova ad essere uno straccio, rattrappito, con una tosse da non riuscire ad accendere una sigaretta (ma non si può fare a meno delle paglie, e quindi in realtà : - ne accendo una ogni tre minuti - dò un tiro - tossisco allo spasmo - bestemmio contro il Creato - la spengo immediatamente), a tremare sudando freddo e a non riuscire a seguire un discorso in una trasmissione televisiva pomeridiana.

Mi guardo intorno nella stanza vuota. C'è il bagno della gatta da cambiare (a volte penso che sarebbe meglio cambiare direttamente la gatta - ha una facoltà di fare danni soprannaturale - ma poi la guardo negli occhioni verdi, lei li stringe e mi annusa, sembra quasi che sorrida, e io mi sento un verme per quello che ho potuto pensare), c'è un po' di pulizie da fare, c'è una maledetta telefonata che mi aspetta.

Bevo un sorso di vino. E' caldo, ma è leggero - e poi, m***a, trentottoemmezzo non mi possono mica fare iscrivere alle Giovani Marmotte. Nel sottofondo la tivvu blatera qualcosa di fondamentalmente inutile sulle meraviglie della provincia di Parma. Ho sonno, ma ho anche tremila pensieri per la testa, e so - maledizione - che non riuscirei a chiudere occhio per più di dieci minuti. Ho avuto un'altra Lezione.

Oh, la Lezione di oggi è banale - di quelle che di solito impari assieme all'allacciarsi le scarpe o fare pipì da solo. Non assumere mai di conoscere qualcuno completamente, neppure te stesso - hai buone probabilità di rimanerne deluso. Le ovvietà complementari sono che la fiducia cieca non esiste, che l'amicizia impallidisce di fronte al denaro, e che è meglio non fidarsi comunque quando non sei obbligato a farlo.

Questa volta ho imparato la Lezione assistendoci, non in prima persona. La prima persona ha imparato la Lezione sulla pelle, con il corollario "Chi ha detto che la vita è giusta?" attaccato giusto dietro, e rischia nei fatti una svolta assolutamente orrenda nelle sue prospettive future. E io mi sento terribilmente male per lui, e non riesco a dirgli altro che "se ci fossi stato io, mi sarei comportato uguale", "stai tranquillo, è tutto troppo stupido perché non se ne possa uscire" e altre cazzate di questa portata. Intanto, in qualche angolo di me un altro po' del Marcello bambino crolla, lasciando il solito cratere di cinismo che fa tanto "adulto", ma che in realtà è uno schifoso modo per sopravvivere, quasi che le emozioni, la sensibilità, i colori, i sentimenti - tutte le cose che non sono misurabili con il doppiodecimetro del prezzo - siano impedimenti, solo ostacoli nel tentativo di vivere una vita decente.

Quasi si potesse vivere una vita decente, senza tutto quello che rende i miei giorni diversi da tutti quelli degli altri, solo perché li vivo io.


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