Se blogghi ti licenzio
La prima a introdurre un sostanziale divieto di parlare sul blog della propria azienda era stata la Microsoft di Bill Gates, preoccupata che i "panni sporchi" di tanti bug e problemi dei software e dei sistemi operativi più venduti nel mondo fossero spiegati e denunciati dagli stessi programmatori che ci lavorano sopra.
Ora è la stessa importantissima rivista americana Wired, considerata la Bibbia di Internet, a denunciare il moltiplicarsi di casi del genere. Non ultimo il simpatico caso di una hostess della Delta Airlines, la compagnia aerea americana, licenziata in tronco per essere apparsa in pose innocenti sul suo photoblog in divisa e in aereo: si vedono solo le belle gambe della bella ragazza.
In Italia non si sono acora registrati casi del genere: di solito i blog li aprono i lavoratori di aziende in crisi come i Noicom workers, cioè lavoratori già a rischio di licenziamento e che quindi non hanno molti timori; prima di loro hanno fatto la stessa cosa i lavoratori di Ipse, il gestore Umts che dopo aver vinto la gara governativa non è mai partito; e ancora, nel 2001, le Tute Arancioni, i lavoratori di Virgilio-Matrix.
I rischi però ci sono: pensiamo alla prassi della Rai di Flavio Cattaneo di multare tutti i giornalisti che si permettono di criticare l'azienda; oppure il caso dei macchinisti di Trenitalia, licenziati in tronco perché hanno partecipato a una trasmissione di Report, il programma Rai, sulla sicurezza dei treni (tema sempre d'attualità stretta).
Cosa può succedere a un lavoratore blogger? Bastano a tutelarlo l'articolo 21 della Costituzione sulla libertà di stampa, gli articoli della legge 300 (Statuto dei Lavoratori) sulla libertà di espressione, anche all'interno delle imprese? Lo speriamo davvero!
Tratta da Zeusnews.it
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