Italian Blogs for Darfur, aiutiamoli
Italian Blogs for Darfur, aiutiamoli
Fabrizio di Italian Blogs for Darfur, mi invia un'interessante iniziativa, alla quale ho aderito, che penso possa interessare anche a voi.
Si tratta di un'iniziativa che ha già ottenuto più di 500 adesioni, volta a creare un movimento di opinione pubblica che possa contribuire alla risoluzione del conflitto in Darfur e alla promozione e protezione dei diritti umani e delle libertà democratiche nel Sudan. Solo garantendo una corretta e completa informazione ai cittadini italiani si può sperare, infatti, che le istituzioni italiane si adoperino per facilitare una risoluzione politica del conflitto e per avviare una nuova era di democrazia e libertà nel Sudan.
Sfruttando le potenzialità di Internet, mi spiega Fabrizio, cerchiamo di coinvolgere gli internauti nella nostra causa, invitandoli a sottoscrivere l'appello on-line per richiedere una maggiore copertura mediatica della crisi in Darfur. Ci rivolgiamo in particolare ai mezzi di informazione televisiva, che più si mostrano indifferenti a questi temi.
Per maggiori informazioni potete consultare il sito Savetherabbit.net (a breve con una nuova grafica di tipo professionale). La nostra è una iniziativa, conclude Fabrizio, che sta muovendo ancora i primi passi e ce ne scusiamo per la ancora scarsa formalità.
Aderite numerosi :)
- [19/10/10] I migliori borghi italiani secondo il Touring Club
- [14/02/10] Islanda si propone come "paradiso della libertà di informazione"
- [23/01/09] Timberland blogga al Sundance festival
- [09/11/07] Operatori virtuali
- [08/05/07] British Library e la raccolta di e-mail
6 commenti a "Italian Blogs for Darfur, aiutiamoli":
@Ale grazie della segnalazione
è stato un piacere! :)
dalla Newsletter di Italian Blogs for Darfur
Ci avviciniamo a quota 1000. 888 firme raccolte fino al 30 novembre, già molte
da aggiungere.
Ancora troppo poche perchè si accorgano di noi. Ma possiamo fare tanto,
soprattutto con il vostro aiuto.
Ancora molte novità, che trovate sul blog http://itablogs4darfur.blogspot.com e nel nuovo sito http://www.savetehrabbit.net/darfur
Un giovane webdesigner di Formia (Roma), Marco (http://www.dreamarco.it ),
studente di ingegneria, ha voluto contribuire alla causa di Italian Blogs for
Darfur prestandoci la sua passione ed esperienza nel campo del web-design, e
regalandoci così un nuovo sito dall'aspetto accattivante e speriamo più
convincente per i tanti internauti che visiteranno le nostre pagine.
Il 7 dicembre alle 15.30 a Roma, alla manifestazione PiùLibriPiùLiberi
parteciperà una nostra "inviata", che presenterà l'iniziativa di
Italian Blogs for Darfur.
Una intervista speciale è stata concessaci dal portavoce del Sudan Liberation
Army, il Sign. Esam Elagh. La trovate in inglese, nel nostro blog, a breve su
questa newsletter in italiano.
Grazie ancora per il vostro sostegno,
IB4D
Intervista concessa a Italian Blogs for Darfur dal portavoce del
Sudan Liberation Army/Movement, uno dei gruppi ribelli del Darfur.
Ci parli di lei e dell'SLM
Sono sulla quarantina, padre di tre figli, tutti maschi. Lavoravo nel campo
della mediazione d’affari e del turismo e ho sognato la rivoluzione in Darfur
fin da quando ero molto piccolo, ma abbiamo dovuto aspettare fino al 2003. Quel
che importa è che sia finalmente arrivata.
Mi sono unito all’SLM/A dal primo giorno (mi trovavo in Sudan quando è nato) e
continuerò a sostenere la sua lotta contro il regime di Khartoum per
ripristinare i diritti della gente del Darfur, che ha sofferto molto per le
scelte del governo centrale fin dall’indipendenza del Sudan, il 1 gennaio
1956.
Perché il governo del Sudan combatte la gente del Darfur e
appoggia le milizie Janjaweed?
Il governo del Sudan non combatte solo la gente del Darfur, combatte tutti i
sudanesi di etnia africana. Il governo centrale, durante tutto l’arco della
storia del Sudan, dall’indipendenza in poi, ha sempre combattuto la gente del
Sudan meridionale perché è diversa, perché è di etnia africana e cristiana. Ha
combattuto anche gli abitanti dei monti Nuba, e del Nilo azzurro, solo perché
sono africani, e adesso gli abitanti del Darfur. Ciò che sta accadendo oggi in
Darfur non è altro che una replica della crisi del sud, dei monti Nuba e del
Nilo azzurro. Ci combattono perché abbiamo chiesto di essere trattati come la
gente del nord, il rispetto dei diritti umani, ospedali e scuole per i nostri
figli, sviluppo per la nostra regione storicamente arretrata. I governi centrali
che si sono succeduti in Sudan, come quello attuale, non accettano e non
rispettano le differenze del paese. Credono che il Sudan debba essere arabo,
quando l’80% della popolazione non è araba o non discende dagli arabi. Non
rispettano e non ammettono le diversità del paese: secondo il loro punto di
vista tutti dovrebbero essere arabi o musulmani.
Gli Janjaweed provengono prevalentemente da tribù arabe. Devo ammettere che non
tutte le tribù arabe del Darfur partecipano alle milizie. Il governo le sostiene
per diverse ragioni:
- perché altrimenti il governo non potrebbe vincere contro le nostre truppe
- perché il governo instilla in queste tribù la convinzione che gli africani
vorrebbero cacciarli dal Darfur, e quindi gli Janjaweed non intendono lasciare
vivo un solo nero nel Darfur.
- Gli Janjaweed non hanno terra in Darfur, quindi il governo ha promesso loro
che se ripuliranno il Darfur dai neri potranno avere la terra.
Perché l’SLA non ha accettato gli accordi di pace di
maggio?
Gli accordi di maggio non possono essere definiti accordi di pace. Nessuno di
noi vuole la guerra, chi ci perde è la nostra gente, noi vogliamo la pace, ma
una pace giusta e durevole. Non cerchiamo posti di lavoro nel governo. Gli
accordi di maggio garantivano alcuni posti chiave per i membri del movimento, ma
non portavano nulla di buono alla gente del Darfur. Inoltre, i posti messi a
disposizione non avevano nessun potere esecutivo o legislativo, non vi erano
garanzie di disarmo degli Janjaweed, nessun risarcimento per le vittime della
crisi umanitaria creata dal governo e dalle milizie Janjaweed. Stando agli
accordi, il governo avrebbe dovuto pagare 30 milioni di dollari, i profughi
interni e i rifugiati sono più di tre milioni e mezzo, il che significa 8,5
dollari a persona. Si tratta di una presa in giro: 400.000 persone sono state
uccise dal governo e dalle milizie, è stata messa in atto una azione politica
devastante, sono state commesse terribili atrocità, e il risarcimento sarebbe di
8,5 dollari a persona? Oltretutto, nell’accordo, non c’è nulla che vincoli il
governo a rispettarlo.
Perché alcuni gruppi ribelli si combattono fra
loro?
Dopo la firma dell’accordo di maggio il governo ha cercato di servirsi di Minni
Arku Minnawi, firmatario degli accordi, per farne un nuovo Musa Hilal, il capo
degli Janjaweed, in modo che ordinasse alla sua gente di combattere coloro che
si erano rifiutati di firmare l’accordo, sperando che ci schiacciassero. Non
avevamo scelta, dovevamo almeno difenderci. Ci ha combattuto per un po’ di
tempo, ma quando l’opinione pubblica ha cominciato ad essere contro di lui e i
suoi stessi soldati si sono rifiutati di combattere contro quelli che fino a
ieri erano loro complici, ha smesso, e la maggior parte dei suoi uomini si è
unita a noi e ora combatte al nostro fianco contro il governo e gli
Janjaweed.
Cosa pensa del coinvolgimento cinese nel traffico di armi con
Khartoum? E lo SLA compra armi dalla Cina o dalla Russia? Oppure è appoggiato
dai servizi segreti americani?
I cinesi sono coinvolti nella crisi in molti modi diversi. Ostacolano ogni
risoluzione contro il GOS (governo del Sudan) presso il Consiglio di sicurezza
dell’ONU, forniscono armi e munizioni al governo, e forniscono credito bancario
al governo per l’importazione di armi dalla Russia, che è considerata la prima
fonte di approvvigionamento di armi del governo. Tutto questo in cambio del
petrolio estratto nel sud del Sudan.
La nostra principale fonte di approvvigionamento di armi e munizioni è il
governo stesso. Sono pochi i soldati dell’esercito ufficiale a credere in questa
guerra, quindi fuggono quando li attacchiamo, non vogliono rischiare la vita e
si lasciano alle spalle vari tipi di armi e artiglieria pesante. Per esempio
oggi, 26 novembre, abbiamo sconfitto il governo e preso il controllo dei
giacimenti petroliferi di Abu Gabra, nel sud del Darfur, e lì abbiamo
conquistato una grande quantità di armi e di mezzi. Il 7 novembre li abbiamo
battuti a Cari Yari e l’11 ottobre a UM sidr. Sono state battaglie importanti, e
quando il rappresentate speciale di Kofi Annan, il signor Jan Pronk, le ha
citate dicendo che l’esercito regolare sta perdendo terreno, il governo gli ha
chiesto di lasciare il Sudan.
Non abbiamo nessuna relazione con servizi segreti regionali o internazionali,
chiediamo costantemente alla comunità internazionale di agire almeno per
proteggere i civili, come previsto dalle leggi e dagli accordi delle Nazioni
Unite, ma la comunità internazionale è divisa e il governo approfitta di questa
divisione per continuare ad assassinare la nostra gente, violentare le nostre
donne e rapire i nostri bambini. Spesso ci capita di dubitare della serietà
delle condanne della comunità internazionale nei confronti dei crimini commessi
dai GOS.
Cosa pensa dell’idea di alcuni Italiani che gli USA starebbero cercando di
arrivare ad una composizione delle ostilità in Dafur solo a causa del suo
petrolio?
Gli Americani possono essere a conoscenza della quantità di petrolio in Darfur
grazie alle loro rilevazioni topografiche aeree ma, in realtà, nessuno conosceva
il Darfur prima di questa crisi umanitaria: la vera posizione degli USA è
questa. Noi comprendiamo la stretta cooperazione tra i servizi segreti degli USA
e del Darfur, e il fatto che gli USA pensino che l’affare Nivasha, che ha
fermato la guerra tra nord e sud, sia un loro successo, e che la guerra che si
sta svolgendo in Darfur minaccerà l’affare Nivasha, e soprattutto che la crisi
umanitaria in Darfur sia stata adottata da molte ONG che hanno fatto molta
pressione sulla Casa Bianca, senza dimenticare la competizione tra democratici e
repubblicani nell’ottenere i voti dei neri, perno delle prossime elezioni, e
molte altre ragioni che spingono gli Usa ad usare il proprio potere per
risolvere la crisi, ma noi speriamo di vedere assumere dall’Europa un ruolo
efficace nel dirimerla.
L’individuare un qualsiasi ruolo positivo nel risolvere il problema parte da una
corretta comprensione della situazione: la crisi in Darfur è di natura politica.
Buona parte della comunità internazionale, se non tutta, parte dalla soluzione
dei diversi aspetti della crisi, ma non si può pensare che questo significhi
risolverla per intero. Niente si può realizzare in Darfur, a meno che le ragioni
politiche vengano affrontate e definite.
Quali sono le sue speranze per il futuro del popolo del
Darfur e come pensa che si possano realizzare?
In realtà non abbiamo molto da perdere: abbiamo perso la sicurezza, 400.000 dei
nostri amici più cari, fratelli, sorelle e parenti, la nostra gente vive in
accampamenti privi di qualsiasi cosa, sotto gli alberi, la nostra regione è
completamente distrutta, e soprattutto abbiamo vissuto un periodo molto
difficile, per cui abbiamo fiducia in un futuro migliore per la nostra gente,
vogliamo che non provino quello che abbiamo sperimentato noi, speriamo che in un
futuro non troppo lontano vivranno in un paese orgoglioso della propria
diversità, in cui vengono rispettati i diritti democratici della loro nazione,
pieno di libertà, in cui tutti sono uguali di fronte alla legge e hanno pari
diritti e doveri.
Democrazia, giustizia, libertà, eguaglianza, la sovranità della legge: non ci
arrenderemo prima di averli ottenuti.
Traduzione di Maria Parente – Traduttori per la pace
(www.traduttoriperlapace.org)
COMUNICATO DEL 17/12/2006
In occasione del recente aumento del canone RAI, fissato per l’anno 2007, ci
sentiamo in obbligo di domandare una migliore qualità dell'informazione e
maggiore attenzione a temi quali lo stato dei diritti umani nel mondo e, in
particolare, nel Darfur, il cui conflitto dura inosservato da tre anni e spegne
ogni giorno la vita di centinaia di civili.
Chiediamo di svegliare le coscienze dal torpore dell’indifferenza, di volgere lo
sguardo verso gli uomini e le donne che ogni giorno lottano per la
sopravvivenza, ascoltare il grido che dal basso tenta di raggiungere i vertici
dell’informazione televisiva per costringerli con il nostro potere contrattuale,
che ci deriva dall’essere i “consumatori” dell’informazione, a promuovere
servizi e approfondimenti sulle grandi crisi umanitarie come quelle del Darfur.
Alimentando una maggiore coscienza del genocidio in atto nel Darfur, si può
infatti sperare che il Governo Italiano si impegni maggiormente a livello
internazionale per fermare le ingiustizie e le atrocità che si stanno compiendo
nella regione.
Non c’è niente- di lecito – che possa fermare uomini e donne assetati di
conoscenza, ma molti – troppi- sono gli interessi in gioco e in tanti premono
affinché il consumatore non sia posto nelle condizioni di fare domande. Chi sa e
vuole sapere ancora di più è, infatti, il meno controllabile e il meno gestibile
dei cittadini.
Abbiamo una grande arma pronta a sparare: il telecomando.
Allora svegliamoci dal sonno della coscienza, rendiamo liberi i produttori
dell’informazione dalla schiavitù del mercato e dalla banalità dello share,
comprensibile ma non giustificabile dinanzi a temi d’universale portata per i
privati ma inconcepibile per una televisione che si dichiara pubblica e al
servizio dei cittadini.
http://itablogs4darfur.blogspot.com/
La Commissione Vigilanza RAI ha un pensiero in più per il
Darfur
La spinta che giunge dal basso, le onde di bit che ci liberano dalle acque
stagnanti dell'informazione di massa per condurci a lidi di speranza, non
arresta la sua forza e ci porta in alto, a bussare alle porte di chi vigila
sulle marionette. Qualche gradino più in alto e -forse- avremo una risposta.
Marco Beltrandi, membro della Commissione Vigilanza RAI, condivide gli
interrogativi posti da Italian Blogs for Darfur sulla qualità
dell'informazione nel servizio pubblico televisivo. In una comunicazione
del 30 gennaio a suo nome, il suo assistente parlamentare ci informa della
disponibilità di Beltrandi a fare quanto possibile nella direzione da noi
auspicata.
Il Ghana eletto alla Presidenza dell'UA. Evitata in extremis la vittoria di
Karthoum.
Il leader sudanese Omar al Bashir non ha conquistato la presidenza dell’ Unione
Africana. Alla fine è stata accettata la candidatura del Ghana, [...]Il Ciad e
molti altri Paesi sub-sahariani, USA e Amnesty International si erano già detti
contrari alla sua [n.d.r: del Sudan] candidatura, che gli era stata promessa nel
2006 quando al suo posto venne eletto il Presidente del Congo-Brazzaville.
Mappe on-line non solo per viaggiare: Intersos annuncia nuovo sistema
open-source di monitoraggio dei villaggi nel Darfur
InterSOS, [...] ha presentato al Centro per la Ricerca Scientifica e Tecnologica
di Trento la nuova tecnologia WebGIS, che permetterà di aiutare i rifugiati del
Darfur, monitorando in tempo reale la densità di popolazione dei villaggi e la
loro estensione per facilitare così l' organizzazione degli aiuti umanitari
senza sprechi di risorse. Il sistema è stato sviluppato in open-source, [...]
Ancora una volta Internet diventa un veicolo importante di informazione e
solidarietà alla portata di tutti.
Via email da Italian Blogs for Darfur