Web 2.0 hacker culture
Web 2.0 hacker culture
“Malgrado i molteplici sforzi di divulgatori della “cultura hacker”, in una fase di evoluzione della intera rete Internet, nome in codice web 2.0, stampa e media non rendono ancora chiari i concetti e spesso confondono l’utenza e i relativi lettori sulla differenza dei termini hacker/cracker (non sono una marca di biscotti)”.
Il documento che segue faceva parte di un archivio e mi è stato inviato via e-mail, trattandosi di un documento reperito in rete mi impegno di specificarne la fonte al più presto, primaria forma di netiquette che molti ancora omettono! Il termine hacker pone delicati problemi in relazione al suo “ambito di applicazione”, risultando troppo spesso legato ad ogni sorta di informatico di buon livello dedito ad attività illecite.
Le molteplici possibilità di utilizzo del termine hacker, in relazione alle singole figure che di volta in volta si vogliono individuare, sono state magistralmente sintetizzate da Ira Winkler (direttore del NCSA) dando la seguente descrizione dell’universo underground (cioè di come'è strutturata la comunità degli hackers/crackers a livello mondiale). Secondo Winkler gli hacker possono essere divisi in tre categorie: i geni, gli sviluppatori e gli altri. I geni sono individui particolarmente intelligenti e brillanti, capaci di penetrare così profondamente la natura ed il funzionamento dei sistemi informatici e telematici da essere in grado di contribuire all’evoluzione della scienza e della tecnologia.
La diffusione delle informazioni così prodottesi consente al più ampio insieme degli sviluppatori (del quale, ovviamente, anche i geni fanno parte) di migliorare gli strumenti di lavoro esistenti o di crearne di nuovi. Tutti gli altri si limitano a sfruttare l’evoluzione tecnologica e scientifica che ne deriva per i fini più disparati. In questo complesso sistema di produzioni e relazioni, si inseriscono due ulteriori insiemi di individui: gli agenti dei servizi di intelligence e i criminali. Ad entrambe le categorie appartengono alcuni geni e qualche sviluppatore.
Ebbene, alla luce di quanto sopra esposto, è possibile pervenire ad una interessante considerazione circa l’effettiva consistenza dei fenomeni di criminalità informatica: solo alcuni soggetti, dotati di capacità intellettive notevolmente superiori alla media e di conoscenze di informatica e di telematica eccezionali, sono in grado di scoprire ogni più remoto e nascosto difetto del sistema attaccato per utilizzarlo al fine di violarne le misure di sicurezza. Sono già in numero superiore gli individui capaci di trarre da queste informazioni strumenti di assalto perfezionati e sofisticati che consentano di sfruttare al meglio le debolezze dei sistemi. Chiunque, invece, abbia un buon bagaglio culturale nel campo dell’informatica e della telematica è in grado di utilizzare tali strumenti in modo sovversivo per trarne un ingiusto profitto o per arrecare danni.
Ma il termine hacker può essere utilizzato correttamente solo per indicare le prime due categorie di individui: i geni dell’informatica e della telematica e gli individui capaci di migliorare e creare strumenti di lavoro innovativi e performanti. È questa, infatti, la vera natura degli hacker, le cui risorse intellettive, solitamente disponibili in quantità determinata in ogni essere umano, non sembrano essere in alcun modo limitate. Gli altri sedicenti “hacker” tali non sono, perchè si limitano ad utilizzare risorse e strumenti già noti e disponibili, senza apportare alcun beneficio al progresso tecnologico e scientifico.
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