La corte conferma: gli IP non sono persone
Abbiamo parlato varie volte di alcuni studi legali la cui unica ragion d'essere è rapinare raccogliere soldi da chi è sospettato di essere un pirata informatico. L'idea segue uno schema semplice e ben preciso. In quei paesi dove gli ISP sono obbligati a rivelare i nomi celati dietro agli IP scoperti a scaricare file illegalmente, studi di avvocati inviano lettere del tipo "pagaci €1.000 di multa o ti portiamo in tribunale e rischi di perdere molto di più."
La tattica è intimidatoria e funziona in un numero sorprendente di casi: i comuni cittadini che non conoscono a pieno i propri diritti e che, in ogni caso, non hanno i mezzi per combattare una battaglia contro uno studio di avvocati agguerriti, normalmente pagano in fretta.
Il giudice Inglese Birss ha però cominciato a porsi alcune domande in merito alle tattiche di questi studi nel caso che sta giudicando: MediaCAT contro 27 imputati accusati di essersi scambiati file pornografici coperti da copyright.
Stando alle dichiarazioni del giudice, individuare un IP non implica che la persona che ha stipulato il contratto sia responsabile per tutto quanto avviene tramite quel determinato IP. Cosa succede se questa persona usa una rete WiFi non protetta? Quale sarebbe comunque il grado di sicurezza da utilizzare per proteggere tale rete? E se questa persona ha autorizzato l'accesso a terze parti? Se una persona presta la macchina a un amico e questo amico ha un incidente, la responsabilità per l'accaduto non è certo del proprietario dell'auto!
Forte di queste conclusioni il giudice ha dato all'accusa due settimane di tempo per portare nuove prove in tribunale o impedirà loro di citare in giudizio altre persone basandosi solo sull'IP come prova di reato.
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3 commenti a "La corte conferma: gli IP non sono persone":
mi sembra + che giusto!
Ovvio!!
un giudice intelligente! Speriamo non sia una prerogativa della sola Gran Bretagna!