Indagini su Facebook grazie agli amici
Secondo un giudice di New York basta un permesso per entrare nelle bacheche e spiare la privacy. Creato un pericoloso precedente?
Se pensavate che basta settare per bene le impostazioni di privacy per proteggere messaggi e contenuti postati su Facebook vi sbagliate. Un giudice federale di New York ha infatti stabilito che gli organi di polizia possono controllare il profilo degli utenti se uno degli amici da loro il permesso di farlo. La decisione diventa un precedente importante nell'era del diritto applicato ai social media. Con un ordine emesso lo scorso venerdì, il giudice distrettuale William Pauley III ha respinto l’accusa di Melvin Colon di violazione della privacy da parte degli investigatori dell’FBI, che si erano avvalsi del “permesso” di uno degli amici per prendere informazioni all'interno di un’indagine più ampia sul traffico di droga e su un caso di omicidio nel Bronx.
La sentenza del giudice è significativa perché è l’ultima di una serie di casi (Twitter docet) che definiscono come e quando la polizia può agire sui social media. Nel caso del Bronx, il giudice ha affermato che l’imputato non poteva negare agli amici di utilizzare le informazioni da lui stesso postate sulle loro bacheche o condivise sulla propria: “La privacy di Colon finisce quando dissemina post ai suoi amici, che sono liberi di usare le informazioni recepite come meglio credono, anche direttamente con il Governo” – si legge nella sentenza...
Continua a leggere questa notizia su lastampa.it.
- [29/06/15] Fb, Celebrate Pride: verità o indagine di mercato
- [23/05/15] Facebook e il cancro al seno
- [29/04/14] Un selfie mortale: posta la foto su Facebook e si schianta con l'auto
- [01/04/14] Litiga con l'amica su Facebook, va a casa sua e l'ammazza
- [07/12/12] Su Facebook al voto la privacy. Democrazia diretta per alzata di click