Indymedia dissequestrata, ma ora tocca a Pino Scaccia
(C) 2004 by Paolo Attivissimo
I dischi rigidi dei server di Indymedia sequestrati il 7 ottobre scorso sono stati restituiti, apparentemente intatti, a Rackspace ieri pomeriggio (13/10), stando a un comunicato di Indymedia.
Le esatte motivazioni del sequestro restano tuttora ignote. Essendo il sequestro coperto dal segreto istruttorio, è estremamente difficile avere dati certi che chiariscano i termini della situazione, e ragionare sulle ipotesi è pericoloso. Per esempio, le foto di agenti svizzeri in borghese pubblicate da Indymedia, che molti hanno sospettato siano la causa del sequestro, sono al momento soltanto una motivazione ipotetica non confermata.
È invece abbastanza assodato che il procedimento di sequestro è scaturito da un'indagine nata al fuori degli Stati Uniti e su richiesta delle autorità svizzere e italiane.
La dichiarazione di Rackspace ("...an investigation that did not arise in the United States"), citata da The Register.
La dichiarazione dell'FBI all'Agence France Presse.
"The FBI acknowledged that a subpoena had been issued but said it was at the request of Italian and Swiss authorities. 'It is not an FBI operation,' FBI spokesman Joe Parris told AFP. 'Through a legal assistance treaty, the subpoena was on behalf of a third country.'"
Essendo il sequestro avvenuto in territorio inglese, la faccenda coinvolge sicuramente il Home Office (Ministero dell'Interno). Se il sequestro è avvenuto per acquisire prove da presentare in tribunale, gli atti dell'eventuale processo dovranno rivelare le modalità di acquisizione per confermare che siano legali e quindi ne sapremo qualcosa in più. Sono già state presentate interpellanze in proposito al Ministro dell'Interno David Blunkett. La risposta è attesa a breve, secondo The Register.
Il caso Indymedia è importante perché ha delle conseguenze per chiunque pubblichi qualcosa su Internet: dalle testate "istituzionali" fino all'ultimo dei blogger.
Infatti si possono condividere o meno le idee di Indymedia, ma resta il fatto che è stata oscurata una testata giornalistica (sì, Indymedia è una testata giornalistica, perché in moltissimi paesi fare giornalismo è un diritto automatico e non richiede una tessera dell'Ordine). Ed è stata oscurata senza che vi fossero necessità tecniche: se le autorità avessero voluto i dati dei dischi, avrebbero potuto copiarli senza rimuoverli, come da prassi giuridicamente consolidata, e senza neppure farlo sapere a Indymedia.
Inoltre l'oscuramento è avvenuto senza dare alcuna giustificazione e anzi dando ordine a Rackspace di non discuterne i dettagli con la testata stessa, secondo la prassi vigente in Inghilterra. Indymedia, quindi, non sa di cosa è accusata. Quali che siano i motivi più o meno validi dell'azione di sequestro, è una situazione più acconcia a un regime totalitario che alla teoricamente civile Europa.
Ma che c'entra Pino Scaccia, il giornalista RAI? C'entra perché c'è un parallelo interessante. Scaccia, infatti, è stato colpito proprio in questi giorni da un esposto-denuncia perché qualcuno ha pubblicato, nel blog del giornalista, un commento che ha violato la privacy di un minore.
A un giornalista RAI viene dunque contestata una violazione per molti versi analoga a quella contestata, perlomeno in via informale, a Indymedia (anche le foto degli agenti, infatti, non erano state pubblicate direttamente dai gestori di Indymedia, ma facevano parte di un commento di un partecipante a un forum).
Scaccia non rischia il sequestro degli hard disk per una settimana, ma la punizione e l'espulsione dall'Ordine dei Giornalisti. Rischia il posto di lavoro, gestito con correttezza per trent'anni, per una cosa che non ha scritto lui, ma è stata affissa da un lettore anonimo.
Anche per Pino Scaccia dovrebbero esserci sviluppi a breve: l'udienza si
tiene domani (venerdì). La notizia è riportata da Punto Informatico e commentata nel blog di Scaccia.
In entrambi i casi, sembra che si stia stabilendo un principio molto pericoloso: chi gestisce un sito che ospita commenti pubblicati dai lettori risponde in prima persona per quei commenti. È come se i condomini fossero responsabili per gli insulti scarabocchiati sui muri del condominio da vandali con le bombolette.
Viene spontaneo chiedersi, a questo punto, che cosa succede se qualche malintenzionato scrive frasi ingiuriose o lesive della privacy nei commenti di siti come Punto Informatico o Zeus News, o nei forum della Rai, o in un blog. Di fronte a episodi come questi, molti responsabili di siti d'informazione e blog potrebbero sentirsi in dovere di spegnere per prudenza le aree di discussione e commento, con grave danno per la libertà di comunicazione in Rete. E così i casi di Indymedia e di Pino Scaccia, apparentemente così lontani, finirebbero per toccare ognuno di noi.
Ciao da Paolo.
www.attivissimo.net
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2 commenti a "Indymedia dissequestrata, ma ora tocca a Pino Scaccia":
Punto Informatico ha appena pubblicato che la richiesta di sequestro ha
origini italiane.
Indymedia dichiara che "La pm Marina Plazzi che indaga sulla FAI e sui
pacchi bomba a Prodi aveva chiesto l'acquisizione di alcune informazioni
su notizie passate su indymedia" e che "questo ordine e' stato
interpretato in senso quantomai estensivo da parte dell'FBI che ha
proceduto a un sequestro vero e proprio, un eccesso molto grave, che non
e' stato ovviamente convalidato."
http://italy.indymedia.or ...
g/news/2004/10/662351.php
Con buona pace di chi era saltato subito alla conclusione che i
"cattivi" erano gli americani.
Ciao da Paolo.
(C) 2004 by Paolo Attivissimo
www.attivissimo.net
non capisco perchè la libertà di espressione è associata al fatto di poter
scrivere insulti o peggio in maniera anonima su internet...
è come se i condomini lasciassero delle bombolette spray di vernice a
disposizione dei vandali, non mi pare sensato !?