Perché il mondo è preoccupato da chi gestisce Internet
Chi gestisce Internet? Per gli ultimi 30 anni non è stato nessuno. Alcuni governi lo chiameranno un bug, ma per gli informatici che hanno disegnato i protocolli e gli standard di Internet questa è una feature.
L'obiettivo era di costruire un network capace di sopportare danni ingenti e continuare a condividere informazioni. In questo, hanno chiaramente avuto successo. Secondo John Gilmore, fondatore dell'Electronic Frontier Foundation, "Internet interpreta la censura come un danno e ci gira intorno." Questi pionieri hanno anche costruito una piattaforma robusta su cui un ragazzo, dal suo dormitorio, può costruire un sito in grado di raggiungere un miliardo di persone.
Ma potrebbe darsi che questo non duri a lungo. Questa settimana, 2000 persone si sono riunite per il World Conference on International Telecommunications (WCIT) a Dubai per discutere se qualcuno dovrebbe prendere il controllo.
Gli obiettivi dichiarati della conferenza sono di aggiornare le oscure International Telecommunications Regulations (ITRs), riviste per l'ultima volta nel 1988. Queste regolano come operano i vari Tim, Vodafone, H3G... A gestire questo processo è l'International Telecommunications Union (ITU), un'agenzia creata nel 1865 con l'avvento del telegrafo. I $200 milioni di budget annuali provengono principalmente dalla quota associativa dei 193 paesi e delle 700 aziende. Non vi sono altri rappresentanti presenti a meno che questi non vengano invitati da qualche governo, cosa che avviene raramente.
Vinton Cerf, co-inventore del protocollo TCP/IP ha scritto a Maggio che le decisioni di Dubai, "Hanno il potenziale di permettere ai governi di ammanettare Internet."
La necessità di aggiornare l'ITRs non è sorprendente considerando tutto quanto è successo dal 1988: Internet, Wi-Fi, la banda larga, telefonia mobile e il cloud computing. Nel 1988 c'erano una manciata di operatori, adesso ci sono migliaia di player.
A Maggio, 30 organizzazione per la protezione dei diritti umani hanno scritto all'ITU chiedendo tre cose: che venissero pubblicati i documenti preparatori e le proposte; che la conferenza fosse aperta anche a organizzazioni esterne all'ITU; e che fosse chiesta la collaborazione di tutte le organizzazioni interessate. Da allora, alcuni membri hanno deciso di pubblicare alcuni dei documenti ricevuti.
Sia Greepeace che l'Unione Europea si sono unite al coro chiedendo di aprire le porte alla conferenza e che l'ITU "non è un'agenzia appropriata per decidere chi possa controllare Internet e come debba fluire il traffico in rete." Gli Stai Uniti, che si sono sempre opposti alla regolamentazione, non hanno commentato.
Non sono serviti i tentativi del segretario generale dellITU, Hamadoun Touré, di invitare tutti alla calma. A Ottobre aveva dichiarato che per aprire Internet ai restanti 2/3 della popolazione mondiale sarebbe servita la guida delle Nazioni Unite.
Le proposte sul tavolo della conferenza sono principalmente due. La prima riguarda la censura e la sorveglianza: alcune nazioni, come la Russia, vorrebbero poter monitorare i contenuti che transitano sui loro network.
La seconda è finanziaria. Nel tipico modello delle telefonate internazionali, l'operatore nel paese di origine della chiamata raccoglie il costo della chiamata dando al paese in cui termina la chiamata una parte di questi soldi. Su Internet, invece, ognuno si preoccupa solo della sua parte del network e gli ISP non fanno pagare per il traffico altrui che passa sui loro network. Questo è uno dei principi della Net Neutrality. Far pagare per questo traffico significherebbe la fine di Internet come lo conosciamo oggi.
Quanto dovremmo essere preoccupati? L'ITU non può imporre le sue decisioni, ma il sistema è così interconnesso che si possono fare dei seri danni se anche solo alcuni paesi decidono di implementare quanto deciso a Dubai.
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